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La società civile e la raccolta di firme per il lancio di Internet

Società

Il 30 giugno, la Commissione Referendum inizia il processo di conduzione di un sondaggio popolare. Enrico de Mita, professore di giurisprudenza all’Università cattolica di Milano dice “di fronte all’inerzia parlamentare, non c’è niente di meglio dell’abrogazione popolare di una sporca legge elettorale”.

 

La nuova legge elettorale contiene quattro principali difetti che dovrebbero essere modificati: le liste bloccate, il premio di maggioranza, le eccezioni alla soglia della barriera e l’obbligo di indicare il candidato premier.

Il compito principale è raccogliere 500mila firme e sul sito si possono leggere tre domande. Nei prossimi giorni sarà reso disponibile su Internet l’elenco dei punti dove verranno raccolte le firme e gli organizzatori inizieranno a presentare le modulistica a 8094 comuni italiani. Il 30 giugno è la data ufficiale di inizio e entro il 30 settembre dobbiamo presentare le firme alla Corte di Cassazione. L’entusiasmo per questo referendum arriva da Internet e dall’innovazione tecnologica. Anche se l’ultima consultazione non avesse raggiunto il quorum, vorremmo comunque proporre l’annullamento del Porcellum tramite referendum. E sono tanti gli italiani che vogliono partecipare dall’estero. Il problema sarà nell’autenticazione delle loro firme, che può essere affrontata solo dal consolato.

 

Qualche settimana fa, infatti, Valigia Blu e Libertà e Giustizia hanno lanciato il sito www.ridatecilanostrademocrazia.it, un invito costante a cambiare la legge elettorale che ha già raggiunto i 30.000 fan su Facebook. Gli organizzatori hanno inviato un messaggio anche a Giorgio Napolitano, e nel caso, in base alle seguenti politiche, si tornasse al voto con questa legge, hanno pensato che il certificato “No Porcellum” sarebbe stato riconosciuto ai partiti che si impegneranno alle primarie. e selezionare i candidati rispettando la volontà degli elettori. L’obiettivo è dire basta per le liste bloccate: “Ridateci la sovranità che ci appartiene”, scrivono su Internet, “perché vogliamo restituirci il diritto di scegliere chi ci rappresenta in parlamento”, dice il sito.

 

La reazione dal basso verso l’alto continua su altre pagine di Facebook, dove gli utenti insistono nel restituire le preferenze e si organizzano localmente per le tabelle di raccolta delle firme.